La fratellanza nella Libera Muratoria

La fratellanza è, senza ombra di dubbio, uno dei valori cardine della Libera Muratoria, quale che sia il Rito preso in considerazione. Poiché, però, apparteniamo al Rito Scozzese Rettificato, cercheremo di declinare la questione in considerazione del suo simbolismo e della sua dottrina. Partiremo, quindi, da Martinez de Pasqually e Sant’Agostino per poi analizzare la questione con l’ausilio del prezioso scritto di Sant’Aelredo di Rievaulx intitolato “De spiritali amicitia[1].

Partiamo dunque dal mito della caduta di Adamo, il quale, come abbiamo visto nella tavola sull’”Adhuc stat”, è centrale nella simbologia del Rettificato e particolarmente in quella del primo grado. Adamo disobbedisce agli ordini di Dio e, tentato dagli spiriti perversi che avrebbe dovuto dominare, cerca di creare una sua creatura attraverso un’operazione disordinata e blasfema. Egli così si sporca e si contamina e precipita nel mondo perdendo quello stato di gloria che gli era proprio e, con esso, il contatto diretto col Creatore.

Questo mito adombra un concetto importante: l’unione di tutti gli esseri umani in un solo grande essere spirituale (l’Adam Qadmon della Qabbalah) di cui ognuno è parte. Anche Sant’Agostino ipotizza che possa essere così, il che renderebbe tutti gli esseri umani in qualche modo colpevoli:

[…] se è stata creata una sola anima, da cui sono derivate quelle di tutti gli uomini che nascono, chi può dire di non aver peccato quando il primo ha peccato?[2]

Adamo, dopo aver peccato, comprende subito il suo errore e, per questo, Dio gli dà la possibilità della riconciliazione e della reintegrazione nel suo stato di gloria. Fin da subito Dio fa sì che nel mondo vi siano segni del futuro a venire, utili al progresso spirituale dell’uomo. Gli eventi, le persone, perfino le cose divengono così dei “tipi”, delle rappresentazioni sia degli eventi passati che delle promesse future. Ecco un esempio tratto dal “Trattato sulla reintegrazione degli esseri”: secondo la narrazione di Martinez de Pasqually, Dio mandò un suo emissario per istruire Adamo ed Eva, spiegando loro il significato della nascita e morte di Abele:

Il Creatore vi dice per mezzo della mia parola che voi non avete l’uno e l’altra prodotto questa posterità di Abele se non per essere il vero tipo di colui che verrà in un tempo per essere il vero e l’unico riconciliatore di tutta la posterità d’Adamo.[3]

Abele, quindi, diviene “tipo” del Cristo, che, come lui, nascerà e morirà per i peccati dell’Umanità.

La fratellanza massonica è dunque l’unione di tutti gli esseri umani? Essa coincide con la fratellanza umana? La risposta è no. L’essere umano, parlando in generale, oggi non ha ancora uno stato di evoluzione spirituale sufficiente a renderlo consapevole di questa profonda unione tra gli individui e per questo si rende ancora necessaria l’esistenza di persone dedite alla ricerca spirituale in vista della reintegrazione. I Liberi Muratori sono senza dubbio tra queste. Tra i Liberi Muratori c’è un legame particolare, frutto di una comune Iniziazione e di un comune fine. E anche se non tutti coloro che sono stati ricevuti in una Loggia sono in grado di percepirne il profondo significato e la profonda potenza, tale legame lavora in essi affinché la fratellanza massonica divenga il tipo di quella umana che verrà e i Massoni possano divenire quell’esempio di virtù e di alta spiritualità che dovrebbero essere.

Per approfondire il concetto di fratellanza massonica, come abbiamo accennato, ci rifaremo al “De spiritali amicitia” di Sant’Aelredo di Rievaulx. L’autore tratta dell’amicizia più profonda e spirituale, che è cosa ben diversa da quella comunemente intesa e possiamo dire, senza tema di smentita, che l’”amicizia spirituale” di Aelredo è sostanzialmente lo stesso concetto della fratellanza massonica. L’unica differenza è il contesto: Aelredo parla del profondo rapporto che si instaura tra chi crede profondamente in Cristo e su lui fonda anche l’amicizia con gli altri esseri umani, noi invece trattiamo della fratellanza tra coloro che seguono la via latomistica. In entrambi i casi a sostegno dell’amicizia-fratellanza c’è un comune sentire e un’unione che viene anche dall’esterno (dall’eggregoro, direbbero certi esoteristi), che aiuta l’uomo a superare le difficoltà:

L’amicizia spirituale dunque viene generata dalla somiglianza di vita, di costumi e di aspirazioni tra persone buone […].[4]

Fondamentale è il fatto che le persone coinvolte siano “buone”. Non è vera amicizia (o fratellanza) se si è solidali nel vizio:

[…] si arrogano lo splendido titolo dell’amicizia quelli fra cui è in atto la connivenza nei vizi; poiché chi non ama non è amico; né ama sicuramente l’uomo chi ama l’iniquità. «Chi» infatti «ama l’iniquità» non ama, bensì «odia la propria anima». Ora, chi non vuole bene alla propria anima non può tanto meno amare l’anima altrui.[5]

Dove invece le intenzioni sono buone e il legame sincero:

Ove l’amicizia è così, là certamente esiste il «volere e non volere la stessa cosa», e tanto più dolce quanto più sincero, tanto più delizioso quanto più santo. Ove ci si ama così, non è possibile volere qualcosa di sconveniente, non volere ciò che è davvero utile.[6]

Perché l’amicizia spirituale è legata strettamente alle virtù (in particolare alle virtù cardinali, che sono importanti anche per il nostro Rito):

Tale amicizia è diretta dalla prudenza, retta dalla giustizia, custodita dalla fortezza e regolata dalla temperanza.[7]

Anche in Massoneria troviamo concetti molto simili. Ecco un breve stralcio del “Catechismo sulla solidarietà massonica” riportato nel libretto dei rituali di una delle maggiori Obbedienze italiane (di Rito Scozzese Antico e Accettato):

Domanda: Si dice che la Massoneria procuri, a coloro che vi si associano, vantaggi morali e materiali. Che cosa ne pensate?

Risposta: Tale asserzione non risponde alla verità dei fatti. Il profitto materiale è assolutamente escluso per chi appartiene alla Massoneria. Il vantaggio morale non può ricercarsi che nella fermezza del carattere che è una conseguenza dell’elevarsi ad alte idealità.

Domanda: Come potete ciò affermare? Non dovete voi favorire sempre ed in qualsiasi maniera i Fratelli dell’Ordine?

Risposta: No. Gli Statuti m’insegnano di essere umano, sincero, giusto. Se favorissi un Fratello, per la sola ragione che è Fratello, non sarei giusto.

E poco più avanti:

Domanda: Dato che sedeste in un consesso deliberante, in una carica pubblica, non conferireste la preferenza ad un Fratello, anziché ad un profano?

Risposta: Gli Statuti dell’Ordine e le Costituzioni mi obbligano di proteggere i Fratelli nel limite del giusto e dell’onesto. Non sarei giusto e molto meno onesto se preferissi con il voto il meno degno.

Ovviamente non possiamo pensare che ogni Massone provi sentimenti di tale profondità verso tutti i Fratelli. La fratellanza deve quindi essere vista come un fine da raggiungere, un ideale, un faro che deve guidare la nostra azione nei confronti degli altri Massoni e non solo. Inoltre, essa ci deve insegnare alla disponibilità nei confronti dell’altro, tanto nel fornire aiuto e consiglio quando necessario, quanto nel ricevere insegnamenti e correzioni che ci aiutino a sgrossare la nostra pietra grezza, per contribuire alla costruzione del Tempio celeste, di quella Gerusalemme Celeste dell’Apocalisse di Giovanni che altro non è se non la reintegrazione dell’’Umanità nel suo stato di gloria.

Enrico Proserpio


[1] Il testo si trova facilmente, sia in edizioni cartacee che on line. Il titolo è solitamente tradotto come “L’amicizia spirituale” o “La perfetta amicizia”.

[2] Sant’Agostino, “Il libro arbitrio”, Città Nuova Editrice, Roma, 2019, pagina 235.

[3] Jacques Martinez de Pasqually, “Trattato sulla reintegrazione degli esseri”, edizioni Libreria Chiari, Firenze, 2003, pagina 91.

[4] Aelredo di Rievaulx, “La perfetta amicizia”, Servitium editrice, Sotto il Monte (BG), 2005, pagina 67.

[5] Aelredo di Rievaulx, “La perfetta amicizia”, Servitium editrice, Sotto il Monte (BG), 2005, pagina 59.

[6] Aelredo di Rievaulx, “La perfetta amicizia”, Servitium editrice, Sotto il Monte (BG), 2005, pagina 67.

[7] Aelredo di Rievaulx, “La perfetta amicizia”, Servitium editrice, Sotto il Monte (BG), 2005, pagina 67.

4 risposte a “La fratellanza nella Libera Muratoria”

  1. Innanzitutto il rito scozzese rettificato, come diceva Guénon, è una trasformazione della “Stretta Osservanza” ed ha ben poco a che fare con gli “Eletti Cohen”, come tanti credono – per noi fin troppi, se non le speculazioni di Willermorz. Poi non c’è nessuna evoluzione spirituale. Lo Spirito è completo e perfetto come si trova. Invece, deve essere la mente umana che lo deve conquistare, conoscere, intuire. Martinez fu un po’ pasticcione nella formazione del suo rito. Del resto, non fu capace nemmeno di completarlo e organizzarlo come si deve. Per questo, gli furono ritirati i brevetti da chi glieli aveva concessi…

    1. Cosa dicesse il Guénon lo so benissimo, ma so anche bene che, sul Rettificato (e non solo su quello), aveva torto. A tal proposito consiglio il libro del Vivenza “René Guénon et le Régime écossais rectifié”, che purtroppo è disponibile solo in francese. E non sono certo i brevetti a determinare le discendenze dottrinali e spirituali. Lo spirito non segue la burocrazia e le diatribe umane. Riguardo all’evoluzione spirituale, se fosse come lei dice, non avrebbero senso né le religioni né le vie iniziatiche. A che pro seguirne una se il nostro spirito è già perfetto così com’è?
      Enrico Proserpio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *